Mi son trovata a scrivere questo articolo senza averlo pensato: i tesori italiani. Complice è stato un libro meraviglioso appena finito di leggere I tre giorni di Pompei di Alberto Angela e, per saperne ancora di più, le numerose navigate in rete riguardo questa vivace cittadina romana (da cui ho preso molte delle informazioni riportate).

Un libro che mi ha prima incuriosito per il racconto dalla prospettiva dei superstiti, poi impressionato per l’attenta e particolare cura che Alberto Angela ha messo nel descrivere le ore precedenti la tragedia.
E accipicchiolina se questo libro mi entrato nella testa (e nel cuore)! Dandomi, tra l’altro, un’altro punto di vista di questo grande patrimonio italiano che mai avrei immaginato.
Che storia meravigliosa l’arte! E noi abbiamo una fortuna inestimabile in Italia perché sono davvero numerosi i tesori italiani!
Tesori italiani: la storia di Pompei
Tutti sappiamo dell’eruzione del “Vesuvio” che colpì Pompei (ma anche Ercolano, Oplontis, Boscoreale, Terzigno e Stabia) in quel lontanissimo 79 d.C.
Ma quanti sanno realmente raccontare questo pezzo di storia?
Inizio col dire che esiste qualcuno che ha vissuto questo dramma da “lontano”: lo scrittore latino Plinio il Giovane che da Miseno poté vedere chiaramente la nube. In seguito, attraverso una lettera inviata a Tacito, racconta dettagli e particolari di quel giorno sciagurato:
“Mia madre attirò la sua attenzione su una nube di straordinaria forma e grandezza […] Una nube si levava in alto, ed era di tale forma ed aspetto da non poter essere paragonata a nessun albero meglio che a un pino. Infatti, drizzandosi come su un tronco altissimo, si allargava poi in una specie di ramificazione; e questo perché, suppongo io, sollevata dal vento proprio nel tempo in cui essa si formava, poi, al cedere del vento, abbandonata a sé o vinta dal suo stesso peso, si diffondeva ampiamente per l’aria dissolvendosi a poco a poco, ora candida, ora sordida e macchiata, secondo che portasse con sé terra o cenere.”
Plinio il Giovane – Prima lettera a Tacito
La prima notizia: scoprire che nel 79 d.C. quello che noi oggi chiamiamo Vesuvio, non esisteva!
Come non esisteva? E allora chi ha distrutto queste città?
E’ stato il Somma, il cratere di un antico vulcano, che si trovava nello stesso punto. Il Vesuvio, così come lo vediamo oggi, è nato proprio dall’eruzione del 79 d.C. ed ha impiegato numerosi secoli per arrivare all’altezza dei suoi 1.281 metri.

L’eruzione avvenne alle 13 quando, dopo un gran botto, una colonna scura di fumo si innalza dal cuore del Monte Somma e una quantità di tonnellate di gas e magma sale verso il cielo. Le prime sostanze ad essere eruttate furono pomici (che copriranno la città e saranno la causa dei crolli degli edifici), poi rocce vulcaniche e lapilli. Ma fu soprattutto la cenere, creando una coltre di nebbia su Pompei. Infine arrivarono i “Surge”, così chiamati dai vulcanologi per indicare le valanghe “killer”.
Il primo e il secondo su Ercolano, Oplontis e Boscoreale; il terzo arriva fino alle mura di Pompei; il quarto e il quinto la seppelliscono; il sesto arriva al mare.

Nonostante la grande tragedia, Pompei venne “dimenticata” per secoli e gli scavi iniziarono soltanto nel 1748 sotto il regno di Carlo di Borbone. Subito vennero ritrovati oggetti, monete, statue e il primo scheletro. Nel ‘800 ci fu un incremento degli scavi da parte dei francesi. Nel 1861 il calco in gesso consentì di recuperare le immagini delle vittime. Gli scavi proseguirono e tra il 1924 e il 1961 vennero ala luce importanti edifici. Ad oggi gli scavi sono ridotti per permettere la conservazione e il restauro di tutto quello venuto alla luce.
Ma in che data avvenne l’eruzione?
Se fino a qualche anno fa la data sicura era il 24 agosto (come si evince dalla lettera di Plinio il Giovane), oggi molti ricercatori posseggono indizi e prove che suggerirebbero un’altra data.
Infatti da alcuni dei reperti ritrovati, propri del tempo autunnale, farebbero risalire la data al 24 ottobre. Entrambe le correnti di pensiero hanno argomenti validi a loro favore ma, come conclude proprio il libro di Alberto Angela:
“Tuttavia manteniamo comunque prudenza, per onestà scientifica e per apertura mentale. Pronti ad acquisire qualsiasi nuovo dato a favore o a sfavore, il giorno che emergerà da qualche studio o scavo. Quello che rimane certo, invece, è la dimensione della catastrofe. A prescindere dalla stagione, in poche ore due città intere, con borghi, fattorie e ville sono scomparse dalle mappe e dalla Storia. E con essa migliaia di persone.”
Alberto Angela – I Tre giorni di Pompei
Una città, Pompei, ora risorta dalle pomici e che aspetta solo di essere visitata e riscattata.